“Maternità surrogata”: la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e i principi di diritto in materia

I principi di diritto fondamentali che riguardano la questione del riconoscimento, nel proprio Stato, del rapporto genitoriale legalmente riconosciuto all’estero tra i bambini nati da maternità surrogata e i genitori committenti, derivano dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo alla quale, le giurisprudenze e legislazioni nazionali, devono uniformarsi.

 

Gli interventi della CEDU e gli obblighi imposti agli Stati Membri in materia di Gestazione per Altri

 Tra le principali pronunce della Corte di Strasburgo si segnalano i casi Mannesson c. Francia e Labasse c. Francia. Le vicende giudiziarie, in cui la Corte ha deciso allo stesso modo e nello stesso giorno, riguardano due famiglie francesi ricorrenti alla gestazione per altri negli Stati Uniti. Successivamente alle nascite, ottenute le sentenze emesse dal giudice californiano mediante le quali viene accertato il rapporto di filiazione tra i genitori committenti e i nati, ad entrambe le coppie viene negata la trascrizione e il relativo riconoscimento del rapporto genitoriale dalle autorità giudiziarie francesi. Entrambe le coppie hanno fatto ricorso alla Corte EDU, richiamando l’art. 8 della Cedu, invocando la violazione del diritto al rispetto della vita familiare e privata, e come l’interesse del minore presuppone il diritto alla continuità del proprio status.

La Corte di Strasburgo ha sottolineato come, a causa dei particolari temi etici e l’assenza di una disciplina unitaria in materia di gestazione per altri, agli Stati membri è riconosciuto un ampio spazio discrezionale nelle decisioni e soluzioni normative da adottare in materia. Tuttavia, si sostiene che tale margine di discrezionalità, oltre a non impedire l’intervento della Corte, si riduce in favore del superiore interesse del minore, in particolare quando la questione della genitorialità coinvolge profili legati all’identità del minore. Dal ragionamento dei giudici emerge come nei casi di specie particolare rilevanza assume il fatto che i bambini siano legati biologicamente ai padri.

La Corte afferma che, con il mancato riconoscimento del rapporto legale tra i bambini e il padre biologico, lo Stato francese abbia oltrepassato il proprio margine discrezionale in materia. Infatti, viene accertata la lesione del diritto dei minori al rispetto della vita privata, in violazione dell’art. 8 Cedu, non permettendo ai figli di vedere riconosciuto il loro diritto all’identità personale. In base alle pronunce della corte EDU, la Cour de casation francese modifica il proprio indirizzo interpretativo in materia. Ma in base al nuovo orientamento si continua a negare il riconoscimento dell’atto straniero, nella parte in cui riconosce il rapporto di filiazione con il genitore intenzionale, concedendo il riconoscimento del rapporto familiare legalmente costituitosi all’estero solo tra il padre biologico e il bambino nato da maternità surrogata. Tuttavia, la cassazione francese mette a disposizione della madre sociale, moglie del padre biologico, la possibilità di richiedere l’adozione del bambino.

A causa di quanto appena accennato, la corte EDU, a distanza di cinque anni, torna ad occuparsi del caso Mennesson, in quanto la coppia richiede il riconoscimento del certificato anche in favore della madre intenzionale. In base a quanto prevede il protocollo n. 16 annesso alla CEDU, ai giudici di Strasburgo viene richiesto un Advisory Opinion (parere preventivo) da parte dell’assemblea plenaria della Cassazione francese.

Mediante il parere preventivo vengono richieste soluzioni alle seguenti questioni: se lo Stato ecceda il proprio margine discrezionale respingendo la registrazione dell’atto di nascita straniero in riferimento alla madre intenzionale, se il riconoscimento del rapporto di filiazione tra i bambini e i genitori d’intenzione deve considerarsi un obbligo imposto dalla CEDU, e in caso di risposta affermativa, se l’adozione del figlio legato geneticamente al marito possa rappresentare un mezzo adeguato in alternativa alla trascrizione. Attraverso la richiesta del parere, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha definitivamente chiarito la propria posizione sul tema affermando che l’interesse del minore “è inconciliabile con una impossibilità generale ed assoluta di ottenere il riconoscimento del legame del bambino nato da una GPA realizzata all’estero e la madre intenzionale”. La Corte sottolinea come il mancato riconoscimento del rapporto legale con la madre d’intenzione ecceda il margine discrezionale che, nella questione oggetto di analisi, viene riconosciuto agli Stati membri, in quanto pregiudicherebbe i minori in base a diversi profili: in particolare, gli verrebbe preclusa la possibilità di acquisire la cittadinanza della madre intenzionale, sarebbero fortemente limitati i suoi diritti successori, così come la stabilità del rapporto tra la madre intenzionale e il bambino potrebbe essere difficoltoso in caso di separazione dei genitori o decesso del padre biologico. Inoltre, i bambini non sarebbero tutelati dinanzi ad un rifiuto della donna committente di volersene prendere cura, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto economico.

Sottolineata l’imposizione agli ordinamenti nazionali di riconoscere il rapporto familiare tra il bambino nato da gestazione per altri e la madre intenzionale, i giudici di Strasburgo si occupano di stabilire se la suddetta imposizione possa venire assolta solo mediante il riconoscimento del certificato estero o anche attraverso altri mezzi giuridici. A riguardo, la Corte EDU, riconoscendo maggiore discrezionalità agli Stati membri sulla scelta degli strumenti giuridici idonei a tutela dell’interesse del minore, non impone la trascrizione dell’atto di nascita estero. I giudici sottolineano come lo strumento alternativo alla trascrizione, che gli Stati membri decidono di mettere a disposizione, debba garantire che la situazione di incertezza non si protragga nel tempo, offrendo una tutela che rispetti principi di “rapidità”. Inoltre, lo strumento alternativo deve essere idoneo ad instaurare una piena relazione familiare tra il genitore e il bambino, garantendo una tutela “effettiva”. 

Conclusioni

Volendo riassumere i principi emersi dall’analisi giurisprudenziale europea, si sostiene che agli Stati membri viene riconosciuto un ampio margine discrezionale in materia. Tale margine discrezionale si riduce notevolmente in favore del superiore interesse del minore, soprattutto se quest’ultimo è legato geneticamente ad un componente della coppia, tanto che in questi casi dalla Giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo emerge un obbligo per gli Stati membri di riconoscere il rapporto familiare, non solo con il genitore biologico, ma anche con il genitore intenzionale indicato nell’atto di nascita. 

Le imposizioni suddette riguardano tanto le coppie eterosessuali, così come nel presente articolo emerge, che le coppie omossessuali. (per approfondimenti consulta i vari articoli pubblicati sulla nostra web




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