Il ricorso alla gestazione per altri all’estero e i reati di “maternità surrogata” “alterazione di stato” e “falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri”

INTRODUZIONE

Il divieto assoluto, imposto dall’art. 12 l. n. 40/2004, relativo alla surrogazione di maternità in Italia non impedisce agli aspiranti genitori di realizzare il proprio progetto familiare attraverso la gestazione per altri praticata in altri Paesi. Dunque, a causa della disuguaglianza legislativa in materia a livello internazionale, sempre più spesso i cittadini italiani si recano all’estero per stipulare accordi surrogatori nei Paesi in cui la tecnica procreativa è lecita. Conclusa la gestazione, ai genitori committenti viene affidato il bambino in base agli accordi lecitamente stipulati da tutti i partecipanti alla vicenda procreativa, con la conseguente formazione di un certificato di nascita che attesta lo status di figlio dei genitori intenzionali. In questi casi le dichiarazioni di nascita sono soggette ai sensi dell’art. 15. D.p.r. n. 396/2000 alla legge del luogo, ovvero alla legislazione del Paese in cui viene praticata la tecnica procreativa della maternità surrogata. Il conseguente atto di nascita deve essere presentato alle autorità consolari competenti, che procederanno, ai sensi del successivo art. 17, a trasmetterlo all’ufficio di stato civile del comune di residenza di uno o entrambi i genitori. Su richiesta dei genitori, l’ufficiale dello stato civile trascrive l’atto nell’apposito registro se non ravvisa causa di contrasto con l’ordine pubblico internazionale italiano. Tali casi e procedure hanno sollevato questioni penalmente rilevanti nell’ordinamento italiano, vicende che sono state adeguatamente risolte dalla giurisprudenza italiana. 

 

IL DIRITTO PENALE ITALIANO E GLI INTERVENTI CHIARI E RISOLUTORI DELLA CORTE DI CASSAZIONE

I reati principalmente contestati sono quelli di cui all’art. 567 del Codice Penale, ovvero di “alterazione di stato”, e quello di cui all’art. 495 del Codice Penale, ovvero di “falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri”. Le questioni in discussione, nel corso del tempo, sono state ampiamente affrontate in giurisprudenza. In maniera chiara e risolutoria giungono due importantissime sentenze della Cassazione penale, la n. 13525 e la n. 48696.                                                                  La Cassazione, con la sentenza n. 13525, si è espressa per la prima volta anche in merito alla rilevanza penale della surrogazione di maternità praticata all’estero. Il caso riguarda una coppia italiana che si è recata in Ucraina per svolgere un programma di maternità surrogata. Una volta ottenuto il certificato di nascita e avviata la procedura di trascrizione, in Italia, alla coppia vengono contestati, oltre al reato di maternità surrogata, quelli di alterazione di stato e di falsa attestazione e dichiarazione a un pubblico ufficiale. Contro la sentenza del Tribunale di Napoli, che dichiarava assolta la coppia, viene presentato ricorso in Cassazione.

Dalla sentenza emerge come la surrogazione di maternità, se compiuta in uno Stato dove è consentita e in modo conforme alla legge dello stesso, non può essere punita ai sensi dell’art. 12, l. n. 40/2004, in quanto l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 9 c.p., che disciplina i casi dei delitti comuni commessi all’estero da cittadini italiani, richiede la doppia incriminazione, cioè, il divieto di maternità surrogata deve essere previsto anche dal Paese in cui si fa ricorso alla tecnica. Al fine di prospettarsi il delitto di alterazione di stato, la falsità deve caratterizzare il momento relativo alla formazione dell’atto. Dichiarazione falsa che non esiste, in quanto bisogna tenere in considerazione che la legge ucraina riconosce come genitori i soggetti che fanno ricorso alla pratica, ovvero i genitori intenzionali. Quindi, non può essere considerata falsa la condotta dei genitori intenzionali con conseguente alterazione dello stato del nato, in quanto l’atto, ai sensi del art. 15, d.p.r. 396/2000, deve essere formato in base alla legge del Paese in cui si ricorre alla maternità surrogata e non a quella italiana. Secondo la Corte non può configurarsi neanche il delitto di false attestazioni o dichiarazioni a un pubblico ufficiale sulla identità o qualità proprie o altrui, in quanto la coppia si limita a fare una dichiarazione che trova fondamento in un atto giuridicamente valido e vero, legalmente costituito all’estero. Alle stesse conclusioni assolutorie giunge anche la sentenza n. 48696 del 2006 escludendo i reati in questione. In particolare, il fatto trae origine da una maternità surrogata svolta in Ucraina da una coppia di genitori, a cui viene contestato il reato di alterazione di stato, dinanzi al Tribunale di Trieste. Ottenuta sentenza assolutoria perché il “fatto non costituisce reato”, con conseguente conferma da parte della Corte d’Appello locale, il Procuratore Generale della Repubblica propone ricorso per Cassazione. La Corte di Cassazione argomenta come il reato di alterazione di stato richiede per configurarsi il “dolo generico, cioè la coscienza e volontà di rendere dichiarazioni non rispondente alla realtà con specifico riguardo allo stato civile del neonato”. Nel caso di specie, visto che i minori figuravano nel certificato di nascita in base alla legge ucraina, quali figli della coppia, è dunque ragionevole il dubbio che gli imputati abbiano ritenuto di essere i genitori dei neonati e legittimati ad avviare la procedura di trascrizione. Interessante, è come la Corte argomenta l’irrilevanza del mancato rapporto di discendenza genetica con il bambino, in merito alla configurazione del delitto di alterazione di stato. La Cassazione sottolinea come i costumi sociali siano cambiati nel tempo, per cui oggi al tradizionale concetto di genitorialità biologica, basato sul legame genetico fra i componenti della famiglia, si è affiancato un più elastico concetto di genitorialità legale, conferendo maggior valenza all’aspetto giuridico sociale che lega i membri familiari.

CONCLUSIONI

 Sulla base delle argomentazioni e soluzioni giurisprudenziali analizzate, nel caso venga fatto ricorso alla surrogazione di maternità all’estero, i certificati di nascita che conformemente alla legge del Paese in cui la gestazione per altri viene praticata, riconoscono la maternità e paternità dei genitori intenzionali, non configurano i delitti di alterazione di stato e di falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri. Inoltre, non può configurarsi neanche il delitto di surrogazione di maternità, a meno che non venga praticata la tecnica in modo illecito anche all’estero.

La situazione è ovviamente complessa, l’elemento principlae è non commettere errori nel paese di destinazione, scegliere un paese nel quale la maternitá surrogata è assolutamente legale e rispettare rigorosamente le norme locali. E’ pertanto essenziale essere seguiti da esperti che abbiano una conoscenza esaustiva della materia sia in Italia che nei vari Paesi in cui la gestazione per altri è praticata.




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