CEDU: “L’adozione possibile mezzo per riconoscere la relazione materna nei casi di maternità surrogata”

È ancora una volta la Corte Europea dei Diritti umani a marcare un punto fondamentale nel corso e percorso evolutivo della maternità surrogata in relazione ai suoi effetti giuridici.

La gestazione surrogata e la Corte internazionale

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Lo scorso 10 Aprile infatti la Corte internazionale ha emesso un parere nel quale chiarisce la propria posizione su un quesito specifico inerente la gestazione surrogata. Il quesito, posto dalla Court de Cassation francese -  presentato il 12/10/2018 - era articolato in due punti.

Il primo interrogava il Tribunale Europeo in merito alla questione se il rifiuto di uno Stato di procedere alla trascrizione dell’atto di nascita di un bambino nato per maternità surrogata nella parte in cui detto certificato riporta la madre d’intenzione come madre legale del minore costituisca o meno una violazione del margine di discrezionalità dello Stato in oggetto, in pregiudizio del nucleo di diritti umani e libertà fondamentali cui fa riferimento l’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti Umani e in particolare del diritto alla vita privata e familiare e del diritto alla propria identità.

La seconda questione riguardava - in caso di risposta positiva al primo punto - la possibile validità dell’adozione del figlio del coniuge (padre genetico del minore) come via legale per il riconoscimento della relazione madre-figlio fra il minore e la madre intenzionale; evitando in questo modo - da parte dello Stato - una violazione dell’art. 8 CEDU.

La risposta della Corte Europea

La Corte Europea ha risposto ai due quesiti in maniera chiara e concorde con la propria  giurisprudenza costante, attraverso la quale nel corso degli anni ha contribuito a tutelare i diritti dei minori nati per maternità surrogata. La Corte infatti ha sempre affermato e riconosciuto la liceità dell’utilizzo della discrezionalità di ciascuno Stato nell’applicazione delle proprie norme di ordine pubblico interno e internazionale, non censurando le disposizioni interne dei diversi stati volte a impedire o rendere complicato il ricorso alla maternità surrogata - limitando soprattutto il riconoscimento automatico della filiazione paterna e/o materna stabilita all’estero -. Tuttavia la stessa Corte ha sempre dichiarato che no vi può essere limitazione o pratica ostativa di uno stato che collida, limiti o violi l’interesse superiore del minore al rispetto dei propri diritti fondamentali  e connessi alla sfera più intima della sua personalità e della sua vita familiare.

In questo senso dunque la risposta della Corte al quesiti posti dalla Cassazione francese è assolutamente coerente con quanto la Corte di Strasburgo afferma da tempo.

Nel merito, sul primo punto la Corte chiarisce che sebbene è facoltà di uno stato quella di non procedere automaticamente alla trascrizione di un atto di nascita straniero scaturente da un processo di maternità surrogata - almeno nella parte in cui detto certificato individua la madre d’intenzione come madre legale -, d’altra parte lo Stato stesso deve prevedere gli strumenti legislativi che permettano di riconoscere in qualche modo la relazione materna in oggetto (poichè essa costituisce una realtà fenomenica la cui negazione comporterebbe una chiara violazione dell’art. 8 CEDU letto alla luce dell’interesse predominante del minore).

Regolarizzazione della relazione madre d’intenzione-figlio

Quanto alla modalità concreta di procedere alla regolarizzazione della relazione madre d’intenzione-figlio, la Corte risponde in maniera affermativa al quesito posto dalla Cassazione francese: ovvero se l’adozione da parte della madre intenzionale del figlio del proprio coniuge possa o no rappresentare la via per legalizzare la relazione materna-filiale fra i due soggetti.

Ancora una volta la risposta della Corte di Strasburgo è pienamente positiva. I giudici infatti ribadiscono che l’applicazione dell’art. 8 CEDU non impone agli stati firmatari di riconoscere ab initio la relazione paterno-filiale e materno-filiale cosí come definita dal certificato di nascita straniero; ciò nonostante esiste un’obbligo in capo allo Stato di valutare e riconoscere la realtà dei fatti, e di procedere ad armonizzare la realtà giuridica e quella fenomenica nell’interesse del minore.

In tale ottica, specifica il Tribunale europeo, l’adozione può certamente essere considerata un mezzo valido per costituire legalmente quella relazione che di fatto già lega il minore e la madre intenzionale.

In conclusione, sebbene questa pronuncia della Corte Europe dei Diritti Umani non apporti nulla di nuovo sul piano dei principi giuridici applicabili ai casi di maternità surrogata, essa rappresenta senza dubbio un punto di riferimento dal punto di vista della pratica. La Corte infatti per la prima volta - sollecitata dalla zelante e precisa richiesta della Cassazione francese - ha avvallato, e di fatto individuato, uno strumento legislativo valido mediante il quale riconoscere legalmente la maternità de facto della madre.

Fabio Tempesta

Intraius - Socio Fondatore




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